Volley Maschile A1 Playoff– La rivincita del tie-break. L’Itas Diatec Trentino si riprende quello che aveva lasciato per strada nel 2009 contro la Copra Elior Piacenza e nel 2012 contro la Cucine Lube Banca Marche Macerata. Questa volta la banda di Stoytchev si fa trovare pronta al 5° set: 6-1, 6-7, 11-11; tradotto: rischio infarto. E sul piano delle emozioni qualche sincope è venuta a Piacenza, che ha fatto tutto bene tranne gli ultimi punti. Glaciale, invece, Trento: Juantorena e Stokr sono stati gli uomini delle nevi. Hanno messo giù 3 macigni e a quel punto, sul 14-12, l’attacco out di Papi ha scritto la parola fine al film dello scudetto. Il terzo per Trento, che può regalare bandiere e coriandoli tricolori al proprio pubblico, sul proprio campo.
Una finale, mille storie. La classe di tre giocatori intramontabili come Zlatanov, Fei e Papi. L’addio tricolore del veterano della squadra, Bari. Il passaggio di testimone amaro, ma con uno scudetto in più, di Stokr, che lascia il posto 2 nelle mani diventate adulte di Sokolov. La scommessa vinta di Burgsthaler, dalla panchina alla coppa passando per tanti muri decisivi. Le lacrime di Raphael prima della partita. E quelle di Sintini a fine gara. E le nostre, di fronte a tanta umanità: la gioia di Jack si traduce in un messaggio di speranza perché “se ce l’ho fatta io, che non sono nessuno, ce la possono fare tutti: io sono una persona normale!”. Il titolo di Mvp va a lui e la pallavolo si veste di valori che trascendono lo sport per abbracciare la vita.
Mai smettere di combattere: questo insegna la storia di Sintini e questo è il valore anche sportivo di una partita che racchiude tutto: la caduta, la reazione, la rimonta, la cattiveria.
La partita. E’ stata una finale combattuta come una corrida: Piacenza fa il toro nel 1° set, orfana delle battute di Holt e Simon e affidata a Fei e Zlatanov. Trento sventola un muro rosso come il segnale di stop e fa un passo avanti verso lo scudetto (25-23). Capovolgimento di ruoli nel 2° set: Papi, Simon fanno i toreri in battuta e in attacco (7 ace per Piacenza in questo parziale, contro i 2 di Trento), Holt rincara la dose dai 9 metri e fino a metà set Piacenza tiene in scacco i terminali d’attacco di Trento. Kaziyski e Stokr danno ossigeno alla squadra, finché Zlatanov e la coppia Fei-Simon non tolgono la cannuccia con tre muri (18-23). La corrida ha rischiato di uscire di metafora a metà del 3° set, giocato fino al 15-16 con grande equilibrio: durante il time out tecnico Stoytchev parte come una furia in direzione della panchina di Piacenza e arriva a un palmo dal naso di Cottarelli (direttore generale della Copra), reo di aver detto la classica parola di troppo. Doppia espulsione, Kaziyski prende la squadra in spalla (20-18), Zlatanov fa lo stesso (che capitani!), ma il muro di Burgsthaler su Papi (23-20) e quello di Birarelli su Holt (25-22) chiudono il set. Proprio il centrale trentino di Trento si rivela decisivo: non nel 4° set perché la Copra vuole andare al tie-break e nessuno glielo può impedire. Non Birarelli, non Djuric che si demoralizza per lo svantaggio (7-13) e viene sostituito, non Stokr. I due ace di Zlatanov chiudono il set e raffreddano l’ambiente, ma Kaziyski e soci ci mettono un attimo a riportare in vita il fuoco.
Piacenza non deve rimproverarsi nulla: la pallavolo, giocata a questi livelli, è questione di pochi palloni, che possono cadere in un campo o nell’altro. Il rammarico per episodi gestiti con scarsa lucidità nel finale deve essere un punto di partenza per il prossimo anno, dopo una stagione da incorniciare. In attesa di conoscere quali volti rimarranno nella cornice anche nel futuro prossimo.
Le “paropagelle”
Matey Kaziyski. Che capitano – parte prima. Inizio in salsa bulgara con una bomba piccante (muro su Fei per il 22-20) e 2 piatti forti che fanno arrivare presto il set point (24-22). Poi cede ad altri lo scettro di maître e torna sul trono quando la squadra aveva bisogno di una guida (più emotiva che tecnica) dopo l’espulsione di Stoytchev. Il vento del tie-break soffia subito nelle vele trentine e il merito è suo (2-0 che avrebbe steso al tappeto anche Rocky). #ReIncoronato voto: 7.5
Jan Stokr. La sua luce è un neon che va a intermittenza: prima lascia sul posto Papi nell’uno contro uno, tirando meteoriti da posto 2 come nella notte di San Lorenzo. Poi rimane a riflettere sul muro del pianto su cui muoiono tanti (troppi) dei suoi attacchi. In battuta non è giornata da mettere nel curriculum, nel tie-break Stoytchev decide che, con un bottino di una battuta sbagliata e due attacchi sparati out, il miglior modo per defibrillare il bicipite del ceco è fargli fare un giro in panchina: dentro Uchikov per un cambio palla, quando Stokr rientra fa dimenticare tutto: la parola scudetto inizia a scriverla lui con due punti pesantissimi (13-12 e 14-12). #AddioConRammarico voto: 7.5
Osmany Juantorena. Ha sempre una battuta da farsi il segno della croce. In ricezione, invece, il segno della croce se lo fa lui: non è il suo punto forte e subisce ace, ma il suo ufficio postale è sempre aperto per rispedire al mittente i pacchi indesiderati. Nel 2° set gioca all’uomo invisibile, poi si fa vedere. Eccome. Ha l’istinto dei campioni di palesarsi nei momenti mozzafiato del match e lo fa prendendosi sempre la ribalta: un ace, una pipe, una diagonale con lui sono spettacolo. #Broadway voto: 7
Mitar Djuric. Dice di no a Zlatanov nel momento più importante del 1° set (21-20), poi sono più i muri che subisce che quelli che fa: nel 3° set gli alzano la paletta i poliziotti a sirene spiegate Simon e De Cecco e Papi lo colpisce al petto. All’inizio della partita i suoi primi tempi erano i più veloci del West, poi non riesce più a leggere quelli dei centrali della Copra. La sua luce si affievolisce come un cerino e Stoytchev lo chiama in panchina a riordinare le idee. Le aveva molto confuse, perché in panchina ci rimane per tutto il 5° set. #AssenteNonGiustificato voto: 6
Giacomo Sintini. Va bene, ha avuto una settimana di tempo per prepararsi, è alla quarta finale scudetto e uno l’ha vinto nel 2006: non proprio un esordiente, insomma. Però il compito era difficile. Al primo turno di battuta fa un ace, vale un parziale di 4-0 (9-9) e si capisce subito che il suo servizio sarà uno dei momenti in cui è vietato distrarsi. Identikit: l’alzata in bagher rovesciato per Juantorena dall’altra parte del campo nel 1° set. Poi, tra un’alzata lenta e una bassa, il suo gioco si fa un po’ troppo prevedibile, ma quando entra Burgsthaler si ricompone una coppia dall’intesa perfetta. E’ la rivincita di chi è solito sedere in panchina. Nello sport e nella vita. Jack ha vinto due volte. #VincereDueVolte voto: 7
Hristo Zlatanov. Che capitano – parte seconda. A Trento hanno capito che per fermarlo devono abbatterlo e lo fanno inizialmente prendendolo a bersaglio in battuta. Lui mura, rimura e la mette giù, capovolgendo la pressione. Nel 2° set quando il gioco si fa duro lui strappa il servizio a Trento: qualsiasi cosa gli finisce tra le mani la trasforma in punto e nella conquista del tie-break è Attila con due ace consecutivi. I punti sono 17, come quelli di Kaziyski: destino da capitani che sanno dare un volto alla squadra e che ci mettono sempre la faccia prendendosi le proprie responsabilità. #FaroNellaNotte voto: 8
Samuele Papi. Proponiamo di istituire un seminario in tutte le scuole di pallavolo per guardare e riguardare e riguardare questa finale. Per il gesto tecnico: fa sembrare facile anche un mani out senza rincorsa. Per la cattiveria agonistica: non molla un pallone, l’inizio del 2° set parla la sua lingua – fatta di attacchi a tutto campo, ace, difese da scriverci sopra un trattato. Per la generosità: perché un quarantenne così è più unico che raro. E’ un peccato che l’unica sbavatura sia proprio l’attacco out finale. #Highlander voto: 7
Alessandro Fei. A tutto campo, a tutto braccio, a tutta birra: inarrestabile. 20 punti, miglior realizzatore insieme a Simon. Nel 3° set ricarica le batterie poi nel 4° e, soprattutto, nel 5° set diventa imponente: da monumento. La sua presenza è decisiva per qualità tecnica e per freddezza: zero emozioni, rimette in pista Piacenza nel tie-break quando era sotto 6-1. Ci sarà un robot sotto la maglia? No, c’è uno dei migliori giocatori che ancora ci siano in Italia. E’ un vero peccato non vederlo in Nazionale. #AdAverneComeLui voto: 7.5
Robertlandy Simon. Ci mette un set a scaldare il motore, dopodiché per fermarlo bisognerebbe mettergli le ganasce. Forse le romperebbe e tornerebbe a macinare punti anche in quel caso. All’inizio del 2° set prende la scavatrice e scava un abisso di punti (+5) grazie agli attacchi al centro e a 3 (TRE!) ace consecutivi. Difficile prendere i suoi primi tempi se non sei un Watusso perché lui tira giù le stelle. Nel 3° set dà spettacolo a muro; si può anche permettere una finta di attacco per poi palleggiare. Manda fuori giri Djuric, fa girare la testa a chi cerca anche solo di vedere i suoi attacchi. #CavaliereOscuro voto: 8
Luciano De Cecco. Fa tutto bene: distribuisce utilizzando una buona varietà di soluzioni. Forse cerca poco gli attacchi da seconda linea, ma quando a rete si hanno Zlatanov, Fei, Simon, Holt c’è poco altro da inventare. Ha fantasia, tecnicamente è nella stirpe dei migliori e con il fuoco sacro delle alzate a una mano. Durante i playoff è finalmente sbocciato in tutto il suo talento. Pesa il suo errore nel tie-break (9-8) e l’aspetto emotivo è quello in cui ha più ampi margini di miglioramento. #PietraMiliareDelFuturo voto: 7
ITAS DIATEC TRENTINO – COPRA ELIOR PIACENZA 3-2
ITAS DIATEC TRENTINO: Kaziyski (17), Sintini (2), Birarelli (14), Juantorena (11), Uchikov, Lanza (1), Djuric (8), Colaci (L), Stokr (17), Chrtiansky Jr, Bari (L), Burgsthaler (4). Non entrati: Giannelli. All.: Radostin Stoytchev
COPRA ELIOR PIACENZA: Marra (L), Papi (10), Fei (20), Simon (20), Zlatanov (17), Holt (12), Tencati (1), Maruotti, Vettori, De Cecco (5). Non entrati: Latelli, Corvetta, Ogurcak. All.: Luca Monti
ARBITRI: Nico Castagna di Bari e Stefano Cesare di Roma.
PARZIALI: 25-23 (29′); 21-25 (28′); 25-22 (33′); 19-25 (29′); 15-12 (20′); tot.: 2h19′.
NOTE: spettatori: 4360; incasso: Euro 61247.