La diretta mancata e #MammaRai. Due pensieri senza pretese.

Allora. La questione è la seguente. La Rai – che dobbiamo dedurre abbia i diritti per mandare in onda le partite della Nazionale di pallavolo maschile in questa World League 2014 – decide di trasmettere in differita la partita numero 2 dei ragazzi di Berruto contro l’Iran. Apriti cielo. I fan insorgono. Il tweet deciso e senza fronzoli di Simone Parodi viene ritwittato 575 volte.

Complimenti alla #rai @RaiTv @RaiSportweb la nazionale gioca in casa e va in differita…@FIVBWorIdLeague @Coninews @FIVBVolleyball“. E dopo tutto questo girare di informazioni (ai retweet si aggiungono altrettanti preferiti), è lo stesso account di RaiSport ad annunciare che la partita verrà mandata, oltre che in differita, anche in streaming sul sito della Rai. Non possaimo pensare che ci fosse una progettazione in streaming già definita prima del tweet di Parodi perchè l’ottimo e simpaticissimo Colantuoni aveva twittato sabato una foto degli allenamenti degli Azzurri ricordando solo la differita.

Appurato che, per esempio, io non sono riuscita a vedere il match (ma lo streaming è sinonimo di precarietà, non è che io abiti fuori dal Mondo), la scelta di mamma Rai è quanto meno discutibile. Non perchè si sia scelto di mandare in onda uno sport piuttosto che un altro. Ma perchè, forse, manca la santa volontà di dare un prodotto degno del canone che annualmente tocca pagare agli italiani (quelli che lo pagano, s’intende).

Mi spiego. Credo non abbia senso fare delle lotte di classe. Gli sport più seguiti vanno privilegiati. Quindi, dalla mia bocca non sentirete mai dire cose del tipo “Sempre calcio, che palle!“, oppure “C’è più calcio in tv che negli yogurt di Stefania Sandrelli“. Idem con patate per il basket. Ci sono i playoff (e che playoff) ed è normale che Milano-Sassari abbia la sua fetta di visibilità e che debba essere mandata in onda (e la Nazionale di volley, per quanto bellissima, non è per forza più importante, di questo sono consapevole). C’è l’ultima tappa del Giro d’Italia con tutti i commenti che ne seguono. Un evento che, se va avanti da più di 100 anni, forse forse di ascolti ne fa. Non mi sentirete neanche mai dire che “Povera pallavolo, è bistrattata da tutti, nonostante sia lo sport più bello del mondo“. La corsa dei cavalli può essere lo sport più bello del mondo, è solo questione di punti di vista. Chi ragiona mettendo di fronte uno sport all’altro e pretendendo che il proprio preferito vinca sugli altri, rischia lo scontro senza fine. Anche perchè le lamentele arrivano un po’ da tutte le parti. Vien da pensare che non ci siano sport privilegiati. Calcio escluso, s’intende, che ha anche canali dedicati su altre tv a pagamento: sintomo che è seguitissimo e che le aziende ci vogliono – per fortuna – ancora investire molto. Quindi, vorrei spostare l’argomento su un livello un pelo più razionale e meno emotivo.

Se la Rai ha pagato i diritti per mandare in onda la partita, dovrebbe trovare il sacrosanto modo di farlo (e in diretta, per la miseria). Gli sport sono tanti, gli eventi pure. Questo è vero. E l’ultima che sa le cose e può dare giudizi è una blogger sfigata di SchiacciaMiSto5. Ma fate qualcosa, però. Fate iniziare un evento prima di qualche minuto, cercate degli incastri, inventatevi un terzo canale dove mandare in onda – in periodi di magra – i campionati di calcio del 1938 (tanto qualcuno che li guarda c’è). La sensazione è che manchi la volontà. Quella volontà di cercare una soluzione che dovrebbe crescere nell’anima di ogni azienda che ha a cuore la soddisfazione dei propri utenti e dei propri clienti (anche le aziende che investono in pubblicità vanno mandate in differita, giusto?). Eppure solo dopo il tweet di Parodi, la Rai ha deciso di mandare la partita in streaming (beato chi l’ha vista). Manca la volontà. La volontà di far le cose per bene. Nella convinzione di essere la Rai. Di essere sempre li. Ora e per sempre. Di essere protetta dal velo di statalità. In una parola: di sentirsi pubblica. La voglia di fare un buon lavoro è un’altra cosa. Scusate se mi sono permessa.

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