Londra 2012 – Intervista a Mauro Berruto (foto www.mauroberruto.it) , ct della Nazionale di volley maschile, settimana prossima a Londra nell’esordio contro i campioni della World League della Polonia, guidati da Andrea Anastasi.
“Va’ a prendere le tue cose. I sogni richiedono fatica”.
La citazione di Paolo Coelho campeggia a caratteri cubitali in home page sul sito web personale di Mauro Berruto, Ct dell’Italvolley maschile. Una frase che spiega più che mai l’idea di fondo dell’allenatore, filosofo per titolo di studio universitario, e che più che mai vale alla vigilia dell’appuntamento più importante della sua carriera.
Segnare la data, domenica 29 luglio: l’esordio nel torneo per le Olimpiadi di Londra è subito ostico, contro la Polonia. Seguiranno le gare con Argentina, Gran Bretagna, Australia e Bulgaria.
Berruto, qual è la condizione della squadra?
Ho una sensazione di tranquillità e serenità, abbiamo fatto moltissimo di quel che volevamo, rispettando quasi completamente la programmazione. I problemini sono stati smaltiti in breve e non han cambiato i piani
Dal punto di vista del morale, c’è un gran desiderio di veder passare in fretta questi ultimi giorni, quelli più lunghi, prima delle Olimpiadi.
Prima, però, le due amichevoli con la Serbia.
Saranno partite vere, per entrambe giocheranno i 12 di scena a Londra. Chiaro che, per due squadre che puntano a restare fino all’ultimo giorno della competizione, il 100% della forma arriverà più avanti.
Spero che questi ultimi impegni in patria siano anche l’occasione per i tifosi per salutare i nostri ragazzi. Mi piacerebbe salire in aereo con tanto entusiasmo
Quali le favorite del Torneo Olimpico?
Posso rispondere in maniera facile: le due nazionali che nell’ultimo quadriennio hanno meritato questo titolo sono Brasile e Russia. Poi sicuramente si aggiunge la Polonia, in grandissima condizione come ha dimostrato nell’ultimo anno e nella conquista della World League, una squadra sicuramente ambiziosa. Inoltre ci sono altri gruppi che hanno chance di fare molto bene: noi, gli Stati Uniti campioni in carica, la Serbia, la Germania reduce da una grande estate e l’Argentina, di cui si parla poco.
Noi vogliamo rimanere fino all’ultimo giorno, e c’è una partita chiave per farlo: i quarti sono un obiettivo minimo per noi, ma vincere a quel punto significa andare a giocarsi le medaglie.
Faccia un nome di un avversario che vorrebbe nella sua squadra.
Sinceramente nessuno. Posso dire, invece, che spero potrà farci fare un gran salto di qualità Ivan Zaytsev.
Tre veterani sui quattro che parteciperanno ai giochi sono centrali, il quarto è Papi che, all’interno del gruppo, avrà un compito specifico e non sarà probabilmente nel sestetto titolare. In tutti gli altri ruoli avremo esordienti. Mentre Lasko, Travica, Savani e Bari, pur essendo esordienti alle Olimpiadi, hanno già disputato gare importanti nelle loro carriere, Ivan è un po’ più esordiente tra gli esordienti, con un percorso nel club diverso, e che può quindi esplodere.
Quale sarà il punto di forza dell’Italia?
Non ne abbiamo solo uno, ma diciamo che la fase break è quella che ci dà più sicurezza, a cominciare dalla battuta, passando per il muro, dove ci sentiamo molto solidi, finendo per l’attacco. Probabilmente dobbiamo sistemare qualcosa nella fase di cambio palla, ma credo che le squadre che ambiscono a grandi obiettivi siano quelle che hanno la fase break migliore.
La chiave sarà mettere in campo ogni punto di forza e nascondere quelli di debolezza, a livello di nazionale il tempo necessario per correggere i difetti non è compatibile con quello a disposizione.
La coppia di centrali Mastrangelo-Fei era titolare anche ad Atene 8 anni fa…
Le valutazioni su Mastrangelo e Fei vanno separate. Per Mastrangelo l’età anagrafica è un’opinione, ha una grandissima condizione anche fisica, unita ad una lucidità, per cui qualche anno in più non conta.
La presenza di Fei, invece, è stata fortemente voluta da me: ho richiamato Alessandro a giocare in un ruolo che non è più suo. Fei è straordinario come centro e opposto, sono felice che mi abbia dato la sua disponibilità.
Il movimento italiano non ha saputo esprimere un ricambio?
Al centro l’ultimo escluso è Simone Buti, uno che se questo torneo si fosse giocato come tutti i tornei al mondo, con 14 giocatori invece che 12, avrebbe fatto parte del gruppo. Poi in quel ruolo ci sono giocatori come Cester, Patriarca, Mazzone, De Togni.
Chiaramente devo leggere tutto in funzione delle squadre che affronteremo, quindi sono contentissimo dei 3 centrali a disposizione, che devono essere un punto di riferimento a muro.
Ha in mente un sestetto con gerarchia statiche o cambierà formazioni?
Intanto, giocando con la formula del doppio libero, abbiamo 8 titolari e non 7. Poi sfido chiunque al mondo a ritenere Birarelli e Parodi non titolari per quel che hanno vinto. Ho una squadra con almeno 10 titolari, con un sestetto che può essere modificato in corsa o tra una partita e l’altra. Voglio 12 giocatori totalmente coinvolti, che magari, anche in una sola azione, possano cambiare il volto di una partita.
Tornando alla Serbia, la prima gara la giocate a Monza, che è stata il suo trampolino di lancio nel 2009-2010.
È stata un’esperienza difficilmente dimenticabile, segnata dalla tragedia della scomprasa del presidente Marcello Gabana. Il ricordo di quell’annata è molto bello, un gruppo che poteva essere frastornato si ricompattò, conquistò il pubblico, inizialmente poco numeroso, e terminò in crescendo creando una tradizione nuova in una piazza che non aveva conosciuto la pallavolo di alto livello.
Con lei, quell’anno ed oggi in azzurro, c’era Dragan Travica.
Fa piacere pensare che adesso saliremo sullo stesso aereo che ci porterà alle Olimpiadi. Il suo arrivo a Monza nell’estate 2009 da Modena fu una delle principali ragioni che mi spinsero a rimanere, puntavo molto su di lui. Ed ora andremo a giocarci insieme una medaglia olimpica.
Proprio l’esperienza di Monza, con la storia di Montichiari alle spalle, si è conclusa quest’anno.
Dire che son dispiaciuto è poco. Gabeca si è contraddistinta sino all’ultimo per essere capace di programmare, rispettare gli impegni, essere precisa e puntuale, senza fare il passo più lungo della gamba, con grande capacità di scegliere. Era una società di grandissima qualità, dove poter lavorare bene, come lo era la Sisley Treviso.
Perdere due realtà così è un brutto colpo, spero che in futuro qualcuno le possa sostiture seguendo il loro esempio.
Le condizioni economiche del momento non aiutano: lei che ricetta avrebbe per superare questa fase?
Se ci fosse una soluzione facile, l’avrebbero già trovata.
Credo che invece di piangerci addosso occorre essere molto creativi, le grandi crisi per qualcuno sono grandi opportunità. A fronte di budget non più infiniti le società sono chiamate ad usare più fantasia, magari puntando anche su giovani italiani piuttosto che cercando stranieri di medio valore. Non è autarchia, ma un modo per provare ad invertire una tendenza e ricostruire uno zoccolo duro di atleti che possa ridare vigore a questo campionato. Con le retrocessioni bloccate, e quindi senza rischi sportivi, spero che le società abbiano voglia di investire su nomi meno noti ma italiani.
Anche la Nazionale può fare la sua parte.
In una manifestazione importante come un’Olimpiade sentiamo che fare bene a Londra può essere importante per dare una mano al movimento.
Come vede la rappresentativa azzurra nel suo complesso?
Le riflessioni corrette si faranno dal 13 agosto in poi, contando le medaglie. Il nostro paese presenterà sicuramente una squadra competitiva in alcuni sport storici come scherma, canoa, canottaggio, pallanuoto in cui siamo riferimento da sempre.
Io alleno lo sport di squadra principe, sono felicissimo ed orgogliosissimo di rappresentare l’Italia ed il movimento pallavolistico.
Da capo-allenatore anche lei è un debuttante: come vive questa attesa?
Ho gli anticorpi che risalgono ad Atene 2004, quando ero assistente di Montali. La parte emotiva non cambia con un diverso ruolo nello staff. L’impatto emotivo, il fascino, sono difficilmente descrivibili. Il ricordo dell’esperienza in Grecia è più che meraviglioso, anche se siamo stati battuti in finale dal Brasile. Ho vissuto quell’esperienza dal primo all’ultimo giorno, ho il sogno di poter godere di questo momento unico dall’inizio alla fine con i miei giocatori. Già da mesi prima si percepisce che questa è una manifestazione unica.
Come sta preparando i suoi ragazzi?
È da un po’ che ne parliamo. Voglio che la vivano, sono il primo ad essere felice di portare la squadra alla cerimonia di apertura, non sono minimamente tra quelli preoccupati per dispersioni di energie, anzi, l’energia ti può arrivare in questo contesto. La manopola del gas deve essere aperta al massimo. I giochi sono diversi, appena il 23 luglio metteremo il piede a terra all’aeroporto di Heathrow lo capiremo.
A proposito di Olimpiadi, qual è l’impresa che ricorda o ammira di più?
Non l’ho vissuta in prima persona, perché non ero ancora nato, ma la vittoria, nel giro di pochi giorni, di maratona, 10.000 e 5.000 metri da parte di Emil Zatopek ad Helsinki ’52. Una cosa non ripetibile da un essere umano, esemplare rispetto ad un valore fondamentale per poter emergere nello sport, che è la fatica. Vincere le gare più massacranti nel giro di pochi giorni mi ha sempre affascinato.
Il mio ricordo da spettatore è, invece, la medaglia di Jury Chechi nel 1996, nata anche in questo caso da tanta fatica e da un infortunio gravissimo prima di arrivare a realizzare ad Atlanta un esercizio perfetto come la Monna Lisa.
Il suo contratto scade nel 2014: ha nostalgia di allenare un club?
Sinceramente no. Interpreto il ruolo di Commissario tecnico a modo mio, in maniera totalizzante, che mi porta a fare tante cose. Tra Novembre e Marzo ho incontrato i giovani di tutte e 20 le regioni. Mi auguro di continuare a rivestire questo incarico il più a lungo possibile.
Rodolfo Palermo