Londra 2012 – La sorpresa più grande di questo avvio di Olimpiadi sono stati gli inglesi. Che si son saputi prendere in giro e la regia di Danny Boyle era lì a dimostrarlo: “God save the Queen” dei Sex Pistols, la regina che recita con 007 e Mr. Bean emblema del non atleta che arriva col sorriso alle Olimpiadi. Tra gli spunti che un’Olimpiade può dare (tantissimi), c’è quello dell’ordine di uscita delle Nazioni durante la sfilata: la prima è la Grecia che – pur essendo in piena recessione nonchè la peggiore d’Europa – è e sarà sempre quella che apre i Giochi, per tradizione e storia. E la seconda nazionale qual è? L’Afghanistan, una terra martoriata dalla guerra che vede ancora troppo lontano un periodo di pace. Come dire: le nazioni in difficoltà alle Olimpiadi sfilano per prime, in una speranza di rivincita che non troverà mai negazioni. La curiosità che distingue questa apertura da quella di Pechino sono i telefonini “super” e le numerose macchinette fotografiche che gli atleti hanno usato durante la sfilata. Come dire: questo momento lo voglio ricordare dal mio punto di vista, dai miei occhi. Che poi è un po’ il concetto di tecnologia che avanza e che permette, se usata correttamente, una personificazione totale del Mondo.
La presenza delle donne. Nel 1908, sempre a Londra, le donne atlete erano 39 su 5000 atleti, oggi sono il 43% del totale dei gareggianti (e scusate se è poco).
Tante le donne che portavano la bandiera. E se per ovvie ragioni, ricordiamo un’emozionatissima Valentina Vezzali, un pensiero speciale va anche a Maziah Mahusin del Brunei, paese che ha scelto per la prima volta un essere femminile per rappresentarlo alla sfilata. Quest’Olimpiade è rosa. E’ anche rosa.
Poi c’è Israele che sfila con il lutto al braccio, gli indipendenti che invece danno spettacolo mettendo in mostra tutto il sorriso delle Olimpiadi sotto la bandiera a cinque cerchi.
Poi, va beh, ci siamo noi italiani. Emozionati, guidati da una Vezzali che dà l’impressione di poter caricare sulle spalle tutti gli altri atleti azzurri e di portarli per il chilometro previsto dalla regia. Simone Venier (canottiere) avvisa il figlio con un cartello con scritto “Gioele, papà è qui”