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Intervista a Daniele De Pandis, libero per caso. A Cuneo per…

Intervista a Daniele De Pandis, libero della Bre Banca Lannutti Cuneo arrivata alla semifinale Scudetto: mercoledì c’è Gara 2. Contro Trento.

Lo ha intervistato per Schiacciamisto5 Valentina Doati. Buona lettura.

 

Daniele, cosa fai quando non ti alleni? «Niente! Pantofole… Mi piace dormire tanto e anche in estate, quando abbiamo tre mesi di vacanza, mi alleno, ma poco. Per la maggior parte del tempo preferisco stare con la famiglia: torno a casa, a Lecce, e sto al mare. Dopo quest’anno, poi, che ho preso così tanta neve a Cuneo, ho bisogno di un po’ di sole!».
Storia di Daniele De Pandis, che si definisce «un ragazzo molto tranquillo, un pigrone», che ha iniziato a giocare a pallavolo per scherzo «perché il mio migliore amico giocava a pallavolo, andavamo a scuola insieme, il professore mi ha visto giocare e mi ha detto: “Dai, prova!”.

E pensare che all’inizio nemmeno gli piaceva: preferiva il basket. «Mi piaceva tantissimo, infatti ho giocato fino alla seconda superiore». Nella pallavolo ha iniziato facendo lo schiacciatore: un campionato in serie D con la squadra della sua città (nel 2000) e l’anno successivo subito in B1 con la Pallavolo Squinzano. Il suo primo allenatore, però, gli aveva detto: “Sei molto bravo tecnicamente, ma sei basso (184 cm, ndr): se vuoi provare ad arrivare a certi livelli dovresti fare il libero”. A Squinzano – caso vuole – il libero titolare fa un incidente proprio quando arriva Daniele e per lui ecco il momento di cambiare ruolo. «Ho provato ed è andata bene». Tutto facile? Neanche per idea: a volte la parte più difficile non è trovare la propria strada, ma accettare di percorrerla.
«All’inizio fare il libero non mi piaceva per niente: dopo aver giocato un anno e mezzo da titolare volevo smettere. Non hai mai uno sfogo, a meno che tu non faccia una difesa incredibile, però alla fine il pubblico esulta quando la palla cade a terra, quindi fare il libero è un ruolo un po’ complicato».

Quello è stato «sicuramente il momento più basso» della storia pallavolistica di Daniele: «volevo smettere, ma se avessi portato avanti quella scelta me ne sarei pentito. Mi sono preso un periodo di tempo per riflettere e ho deciso di continuare, di provarci».

Dopo due anni in A2 a Taviano (dal 2006 al 2008) arriva un momento decisivo, quello in cui capisce che la pallavolo sarebbe diventata il suo lavoro: per la prima volta fa le valigie e lascia la sua casa per trasferirsi a S.Croce, giocando un anno in A2 prima di spostarsi a Forlì «e quell’anno sono stato ancora fortunato perché ci hanno ripescati in A1. Da lì è stato un crescendo».

Una crescita graduale e costante, passata attraverso i consigli di «una persona veramente fantastica»: Vigor Bovolenta, con il quale Daniele ha giocato proprio a Forlì nella stagione 2010-2011. «Sempre con il sorriso, aveva 36 anni quando l’ho incontrato e aveva una voglia incredibile di pallavolo ogni volta che veniva in palestra. Mi ha dato un sacco di consigli che mi sono serviti e che mi porto sempre dentro».

Un giorno il Bovo gli dice «di non parlare mai, di dire sempre di sì e di lavorare sempre che prima o poi i risultati arrivano». E i risultati sono arrivati, a cominciare dalla maglia della Nazionale, indossata nell’estate del 2011, per finire con la recente premiazione come miglior libero della Champions League. Al termine della Regular Season Daniele è stato uno dei migliori liberi del nostro campionato (terzo con un quoziente di efficienza di 0,31, alle spalle di Rossini e Farina con 0,33). Ora che i playoff stanno per entrare nel vivo Daniele sa di poter ambire a togliersi qualche altra soddisfazione: «manca ancora un mese per fare qualcosa di straordinario».
Abbiamo raggiunto telefonicamente Daniele all’indomani della qualificazione della Bre Banca Lannutti Cuneo alle semifinali, al termine di una gara contro Modena più tesa del filo per stendere i panni (finita 3-2 per i piemontesi). Abbiamo parlato di quello che è successo a Omsk un mese fa, di Cuneo, di Mastrangelo. E di due persone speciali: una è Giada, la sua fidanzata; l’altra è una persona che stima moltissimo. Alla quale fa sapere di avere la valigia sempre pronta per raggiungerla.

 

Ripensiamo alla Champions League, ma all’aspetto più positivo e cioè il premio come miglior libero: te lo aspettavi o è stato una sorpresa?

E’ stata una sorpresa: era il primo anno che partecipavo a una Coppa, c’erano tanti altri giocatori secondo me molto forti. Però è uno stimolo ulteriore perché mi dà una soddisfazione in più: quando sono arrivato qui molti avevano dei dubbi. Sono contento di aver dimostrato qualcosa.

Sul piano del gioco qual è stato il giocatore che ti ha messo maggiormente in difficoltà?
Entrambe le squadre battevano bene, quindi è stato un lavoro abbastanza complicato, ma siamo riusciti a tenere bene. La cosa più difficile, quando giochi due partite così importanti in due giorni, è lottare su ogni palla per dieci set non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Sono contento perché in due giorni sono riuscito a mantenere un livello abbastanza costante.

Che emozioni hai provato alla vigilia della finale?
Stavo male! Per la prima volta non sono riuscito a dormire prima di una partita: di solito sono abbastanza tranquillo, però quando sei lì pensi soltanto a entrare in campo e giocare. Subito dopo la semifinale eravamo già con la testa alla finale, non abbiamo avuto neanche il tempo di fermarci a festeggiare.

Che cosa ti ha colpito di più della Siberia, al di fuori dell’aspetto agonistico?

…è un postaccio! La cosa che mi ha colpito di più è che ci sono le strade enormi senza neanche un incrocio, uno stop…niente! Quindi vince chi è più forte: passano a 200 all’ora senza fermarsi. Poi ci sono tutte le strade ghiacciate, quindi le macchine per partire lasciano mezzo copertone per terra. Sicuramente io al primo incrocio andrei a sbattere da qualche parte, loro hanno meno problemi.

Parliamo del tuo arrivo a Cuneo da titolare dopo Henno. Ti sei sentito caricato di responsabilità?
Sì, più che altro perché era il primo anno che giocavo in una squadra con obiettivi di alta classifica: passare da due squadre con obiettivi un po’ inferiori (Forlì e Latina lo scorso anno, ndr) a una squadra forte è sempre tosta all’inizio.

Arrivati a questo punto del campionato pensi che la stagione sia stata più positiva per te a Cuneo o per Henno a Macerata?
Guardando i risultati ottenuti finora lui ha comunque vinto una Supercoppa all’inizio dell’anno, mentre io non ho ancora vinto niente; però tutto sommato come andamento della stagione fino ad adesso, visto che per la prima volta come società ci siamo qualificati e abbiamo vinto una medaglia d’argento in Champions, direi che è andata abbastanza bene.

Cuneo è cresciuta molto nel girone di ritorno: quello che è successo con Mastrangelo ha costituito un problema tattico in campo a cui siete riusciti ad adattarvi in fretta?
Non ci sono stati grossi problemi, ci è mancata solo un po’ di continuità: già nel girone di andata abbiamo vinto contro Macerata e qualche partita l’abbiamo giocata abbastanza bene. Abbiamo perso un po’ di punti fuori casa, mentre al PalaBreBanca abbiamo perso solo contro Castellana. Ci mancava un po’ di tranquillità, che adesso abbiamo trovato. Possiamo dire di aver trovato un assetto, quindi i risultati stanno iniziando ad arrivare con maggiore continuità. C’è ancora molto da lavorare: per competere con Trento dobbiamo dare tutto come stiamo facendo nell’ultimo periodo; poi se loro sono più forti tanto di cappello. Loro hanno la stessa squadra da diversi anni, per loro è più facile: hanno vinto tanto, si conoscono tutti molto bene.

 

Quest’anno abbiamo avuto anche l’allenatore nuovo, quindi abbiamo dovuto cercare di capire quello che lui voleva da noi e quello che noi potevamo dare.

Tu hai trovato subito una bella intesa con Piazza?

All’inizio ho fatto un po’ di fatica, mi dovevo adattare, ma lui mi è sempre stato vicino e ha sempre cercato di spronarmi. Adesso c’è un grandissimo rapporto.

A Cuneo potreste avviare un ciclo con questa squadra?
Io spero di sì perché ne abbiamo le possibilità. Non so cosa faranno gli altri la prossima stagione però Nikola, Kohut, Wout e io abbiamo un contratto; non so Sokolov, ma se riusciremo a rimanere almeno in 4 o 5 anche l’anno prossimo potremo partire meglio.

Perché Cuneo non riesce a finire una partita prima del tie-break?

Bellissima domanda! Ogni tanto noi “usciamo dal campo” e poi ritorniamo. Però per adesso tutti i tie-break, tranne uno, li abbiamo vinti: quello più importante l’abbiamo perso però siamo stati un po’ sfortunati. Questo significa che stiamo bene anche fisicamente perché per arrivare al 5°, rimontando come abbiamo fatto contro Modena, o giocare sei set come contro Macerata, vuol dire che stiamo abbastanza bene.

Parliamo di Nazionale: che emozioni hai provato al tuo debutto durante la World League del 2011?
Da quando sono entrato in campo per il riscaldamento a quando sono uscito dal palazzetto non ho capito veramente niente: ero frastornato, non so perché. Quando è iniziato l’inno mi ha detto mia madre che tutti cantavano, tutti stavano con la testa alta, e io invece stavo nascosto sotto la maglietta perché è stata un’emozione veramente incredibile. Peccato non aver avuto altre possibilità oltre a quella…

Hai debuttato contro Cuba: di qualche giocatore cubano si parla molto nel nostro campionato. Juantorena, tanto per fare un nome: ce lo vedi in azzurro?

Ce lo vedo: quando arrivano giocatori forti come lui è soltanto un bene perché ti aiutano a vincere e vedere la Nazionale vincere fa sempre un bell’effetto. Non abbiamo mai vinto l’oro all’Olimpiade, potrebbe essere un obiettivo da raggiungere insieme a lui.

In vista di Rio 2016 Berruto sembra sia particolarmente attento ai giovani.

Sta facendo un bel lavoro, anche con i collegiali che sta facendo quest’anno con le selezioni dei ragazzi.

Quest’estate ci sono parecchi impegni per la Nazionale, verranno convocati tanti giocatori: tu ti aspetti la chiamata di Berruto?

Dalla prima volta che sono andato in Nazionale ci spero sempre. Anche se dalle ultime notizie che ho sentito non farò parte del gruppo della World League perché Berruto ha convocato Giovi e Rossini. Però io sono sempre pronto: se vuole chiamarmi io ci sono sempre.

Fai un appello a Berruto per convincerlo a convocarti.

Un appello?! No, io adesso gioco e mi diverto, la cosa più importante è quella. Lui guarda tutti: se vuole sa il contributo che posso dare. Se non sarà quest’anno sarà l’anno prossimo: comunque io sono sempre qua…

Un appello sottile, ma efficace.

Sono sempre pronto e lui lo sa perché mi ha conosciuto. Evidentemente se adesso non mi chiama è perché magari ha maggiori garanzie dagli altri, però io comunque continuerò a lavorare. Quello di quest’anno è un punto di partenza, devo cercare di migliorarmi sempre di più.

Qual è stato il momento più bello della tua carriera?
Sicuramente l’esordio in Nazionale e l’anno scorso a Latina perché eravamo partiti per salvarci e siamo arrivati fino alla semifinale scudetto contro Trento. Poi includo tutta questa stagione perché è stato un anno molto importante come crescita mia personale, indipendentemente dai risultati. Sono stato fortunato ad aver trovato un grandissimo allenatore quest’anno: lo ringrazio perché mi ha aiutato veramente tanto.
E il più bello della tua vita?
Quasi due anni fa, quando ho conosciuto la mia nuova ragazza: da quando sto con lei sono più tranquillo anche in campo. Ho una tranquillità al di fuori che è molto importante.

Come hai conosciuto la tua fidanzata Giada?

Lei è un po’ più piccola di me, ha 22 anni, e ci conoscevamo da quando eravamo piccoli perché a Lecce ci si conosce un po’ tutti. L’ho rivista dopo tantissimo tempo prima di partire per Latina ed è scattato subito qualcosa: ci siamo frequentati un po’ e poi abbiamo deciso di provarci. Lei vive e studia (si sta per laureare in Fisioterapia) in Puglia e la storia a distanza è abbastanza tosta. In questi due anni ci siamo visti poco, però per adesso va bene. Bisognerà vedere quando staremo 24 ore su 24 insieme: magari a distanza stai bene, poi quando ti vedi sempre non ti sopporti. Però quando stiamo insieme stiamo bene.

Un paio di anni fa hai fatto degli scatti per un servizio di Max. Come è stata questa esperienza al di fuori dell’aspetto agonistico?

Molto divertente. Era una cosa nuova, che non avevo mai fatto, e ci siamo divertiti veramente tanto: c’eravano io, Zaytsev, Vettori e Falaschi. È stata una bella giornata. Lo rifarei, anche se sono molto timido e mi vergogno a fare queste cose (infatti prima di andare ci ho messo un po’ di tempo); però poi quando sei lì ti mettono a tuo agio e quindi ti diverti.

Social network: perché non usi questo tipo di comunicazione, visto che sei molto seguito?

Tanti lo usano per andare a spiare i fatti degli altri e questo non mi piace. Sono abbastanza riservato sotto quel punto di vista. C’è solo la pagina su Facebook, che ha fatto un mio amico e che ora è gestita dalla mia ragazza.

Tra lustrini e pantofole meglio le pantofole?

Molto meglio!

Quale sogno ti piacerebbe realizzare?

Vincere qualcosa con Cuneo: personalmente non ho vinto ancora niente e a 29 anni è arrivato il momento, altri 30 anni non li posso giocare! Vorrei vincere qualcosa e vorrei vincerlo qua.
E nella sfera personale?

Spero di sposarmi tra qualche anno.

Hai trovato la persona giusta?

Sì…spero! Bisogna vedere se lei è d’accordo!

Un tuo pregio e un tuo difetto.

Pregio: sangue freddo. A parte la finale di Champions, che ho sentito di più, per me giocare sulla spiaggia con i miei amici o giocare la finale scudetto è più o meno la stessa cosa: riesco a stare tranquillo, a gestire bene le emozioni.

Difetto: devo migliorare molto in difesa, mi muovo troppo. Il mister tante volte mi dice che devo stare fermo perché basta un minimo movimento per perdere quella frazione di secondo che ti permette di arrivare sulla palla, però ci sto lavorando.

L’ambizione che spinge Daniele è evidente: superfluo, quindi, chiedere un pronostico per la finale scudetto.

Anche perché siamo imprevedibili…

Qui sotto una piccola fotogallery con gli scatti di Elena Zanutto


 

 

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