#FivbMensWCH – Paropagelle di Italia-Serbia (0-3). Tema: strumenti di tortura medievali

#FivbMensWCH – C’è poco da fare. C’è pure poco da dire, a dirla tutta. L’Italia non arriverà mai alle finali dei Mondiali maschili di pallavolo. E quel che rimane – ossia partite con squadre di livello, tra le migliori sedici del Pianeta – rischia di diventare una lenta agonia guardando a quel che poteva essere – e che tutti si aspettavano fosse – e che invece non sarà proprio. La sconfitta contro la Serbia per 3-0 è stata una pallavolo messa in campo, a dirla tutta, bruttina da entrambe le parti e vincere il secondo set forse avrebbe significato poterci provare ancora. Ma non è andata così. Non è andata bene neanche questa volta. Qualche palla “impossibile” da far cadere è invece caduta, sintomo del fatto che proprio l’Italvolley vista in campo nella prima parte di World League non è partita del tutto per la Polonia. La ricezione ha tenuto (meglio di quella serba) e l’attacco non è andato. Questo il “sunto suntissimo” del match di ieri. E le “paropagelle” saranno, per forza di cose, riferite ai metodi di tortura. Certo, le immagini che richiamiamo non sono delle più gustose e allegre. Ma tant’è. Se non vi va, non leggetele.

ItalVolley: non se l’aspettava. Ha iniziato a capire che qualcosa non quadrava forse subito, contro l’Iran. Quando il gioco non girava, quando la fame sembrava (il condizione è sempre d’obbligo perchè in campo mica ci siamo noi) mancare. Ma la scossa finale è arrivata come un fulmine a ciel sereno. Quasi fossimo tutti quanti convinti che quell’Italia fosse solo un brutto sogno e che ci saremmo svegliati presto, prima o poi. E invece la scossa definitiva è arrivata contro la Serbia e la tortura, in quel momento, è stata reale e completa. #Elettroshock

Dragan Travica: non è stato per niente un bel Mondiale fino ad ora il suo. Non è stata una gara precisa la sua contro la Serbia. Il fatto è che il Mondiale non è finito. Ma da oggi in poi non vale più. O almeno: vale meno, molto meno. Delle volte le sue alzate erano tutt’altro che precise e il gioco tutt’altro che frizzante. Insomma, Dragan Travica sa giocare meglio di così. Ma si vince insieme e si perde insieme. E spesso in questo Mondiale Travica è stato il capro espiatorio di un gioco tentennante e di un attacco debole. Quasi che quando le cose non vanno si voglia per forza la testa di qualcuno. #Decapitazione

Jiri Kovar: non va in doppia cifra contro la Serbia e gli errori che fa dai nove metri sono tanti. Tenica sopraffina, bello da veder giocare come i campioni della Generazione di fenomeni. Si diceva fosse giovane. E lo è ancora. Ma non più così tanto. Da lui ci si aspettava di più ed è lui stesso – con una sincerità disarmante – a dirlo a fine gara che nessuno si aspettava un inizio del genere. E’ li che si agita, che ha dipinto sul volto il fastidio di vedere che va tutto a rotoli e che il gioco non gira come vorrebbe. E si vede che dentro infiamma e che petrde il respiro. #Avvelenamento

Simone Buti: le sue urla – ma di grinta – si sentono ancora adesso. E’ tornato in nazionale e il suo apporto è stato importante. Contro la Serbia, fondamentale è stato nel break che ha portato gli Azzurri ai vantaggi. Lui è uno che di mollare non ne ha voluto sapere fino alla fine e glielo si leggeva in faccia, con quelle vene là di fuori. Scalciava contro la fine, come solo i piedi sanno fare contro l’inesorabile. Come fa chi vuole reagire ad un’#Impiccagione.

Emanuele Birarelli: anche lui, nel secondo set, ci mette due palle quadrate, di quelle da capitano. La sua faccia alla fine del match la dice tutta di quel che gli sta passando per la testa: ma non basta. Sicuramente Lisinac e Podrascanin non son due clienti facili. Per non parlare di Kovacevic. E’ un girare lento la sua tortura. In contrapposizione con la velocità che vorrebbe. Vorrebbe far di più. Delle volte ce la fa, delle altre no. Come a volersi alzare da una situazione difficile che ti blocca. Come se stesse subendo il #SupplizioDellaRuota

Luca Vettori: soffre il peso dell’assenza di Zaytsev e ci mette un po’ ad entrare in partita. Delle volte fa vedere cose meravigliose. Ma se sullo Zar si poteva pensare di mettere la gran parte degli attacchi, ecco, su Vettori questo è difficile da fare. Correggo: su qualsiasi altro giocatore. Il Vetto è l’unico che va in doppia cifra in questa partita contro la Serbia. Poteva fare meglio? Sicuramente. Come tutti. Il suo è un soffrire in silenzio come se avesse in bocca una #PeraOrale

Mauro Berruto: non ci stancheremo di ripeterlo. Di Mauro siamo tutti un po’ invaghiti. Perchè è differente. Ha un modo di comunicare che in pochi hanno. Urla e sbraita nei time out, dà indicazioni tecniche. Ma cambia poco. E quando cambi e sbagli i cambi, ti dicono che sbagli i cambi. E quando non cambi, ti dicono solo che hai sbagliato (se poi alla fine perdi). In fondo, provare a buttare dentro Sabbi o Baranowicz poteva cambiare qualcosa. Non farlo, no. #Frusta

ITALIA-SERBIA 0-3 (19-25 27-29 22-25)
ITALIA: Buti 9, Vettori 13, Parodi 5, Travica 1, Birarelli 6, Kovar 9. Rossini (L). Colaci (L). Lanza 3, Non entrati:  Piano, Baranowicz, Sabbi. All. Berruto.
SERBIA: Podrascanin 10, Jovovic 1, Nikic 7, Lisinac 10, Atanasijevic 16, Kovacevic N. 13,. Rosic (L), Kovacevic U., Petric, Non entrati: Stankovic, Starovic, Petkovic, All. Kolakovic.
ARBITRI:  Macias (Mex) e Loderus (Ned).
Spettatori:  5000. Durata set:   25, 33, 25.
Italia:  bs 15, a 2, mv 8, er 6.
Serbia:  bs 16, a 2, mv 11, er 6.

Foto Fivb

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