Il sentimento di faticabilità e di scompenso psicofisico generale hanno giocato un brutto scherzo alla Revivre Milano, che in questo pomeriggio di volley si è presentata con qualche cartuccia in meno. La partita si chiude 3-0 a favore della Calzedonia Verona, senza se e senza ma, in un match che vede il dominio abbastanza netto dei veneti giunti carichi nella nebbiosa pianura lombarda.
Questa partita dai confini precisi e definiti ricorda inevitabilmente tutte quelle situazioni in cui, seppur liberi cittadini in uno stato dai principi democratici, siamo costretti a rispettare ciò che la vita ci pone davanti agli occhi; come la #segnaleticastradale, se ci tenete al portafoglio.
MITAR DJURIC (CALZEDONIA VERONA): l’attacco in prima linea è un fondamentale che difficilmente delude di questo giocatore, che impatta con la palla in maniera vigorosa nel contatto e nel rumore provocato. Si macchia solo di un tentativo di difesa su un pallonetto che sarebbe finito out; ma sul 18-10 in vantaggio nel secondo set direi che questo colpaccio si poteva tentare. I tuffi in difesa continuano anche nel terzo, motivo per cui il fragoroso contatto della schiacciata diviene alleato dell’impatto col terreno, per un vero concerto di musica non esattamente da camera. Definiamolo così, un segnale di #cadutamassi
NICHOLAS HOAG (REVIVRE MILANO): in una giornata di buio totale per la Revivre, Hoag rimane una buona risorsa per la squadra, aprendo il secondo set con un ace, per poi finalizzare positivamente anche il punto successivo con un attacco in pipe. Segue nel corso del set qualche palla più morbida che beffa la difesa avversaria e regala un sorriso ai compagni. La difesa purtroppo vanta percentuali meno positive ma la colpevolizzazione unidirezionale sarebbe un’eccessiva attribuzione di responsabilità, considerando il mood generale. In ogni caso lo si vede attivo e partecipe, è il nostro segnale relativo ai #lavoriincorso
MICHELE BARANOWICZ (CALZEDONIA VERONA): mvp della serata e regista d’onore della squadra, Baranowicz stasera ha deciso di andare altre le usuali alzate di competenza e sfoggiare qualche colpo in più. Nel terzo inizia l’opera con un palleggio indietro nella prima linea avversaria che però non va a buon fine. Ma i due servizi vincenti successivi ci fanno capire che quello era solo l’incipit ansiante per una storia ricca nel lieto fine, tant’è che chiude lui stesso il terzo set con un palleggio in una zona critica della difesa milanese, totalmente inerme. Probabilmente gli avversari non hanno visto l’indicazione di #stradasdrucciolevole che portava appresso.
RICCARDO SBERTOLI (REVIVRE MILANO): non ancora al 100% della forma per colpa di un recente infortunio, ritorna nel sestetto solo nel corso del primo set e dopo la tragica partenza dei compagni che nel secondo sono fin da subito soggiogati da un 8-3 nefasto. Nonostante tutto ripropone la sua carica motivazionale, tentando anche il salvataggio di una difesa pessima del compagno Hoag e continuando ad alzare ogni pallone come se il risultato fosse a meriti invertiti. Il suo ritorno ci dà l’idea di un tentativo di #stop per il decorso in atto.
SIMONE ANZANI (CALZEDONIA VERONA): per tutti coloro pavvezzi al senso di nausea, Anzani oggi è stato una tortura: gira come una trottola nella realizzazione dei punti, proponendo una brutta ricezione con cui manda la palla in tribuna nel finale del primo set, per poi piazzare un primo tempo che sancisce il 24-19 Verona; nel secondo gli viene fischiata l’invasione a rete che annebbia uno dei muri più lodevoli della partita su Dennis ma è subito pronto a riequilibrare la sorte con un primo tempo vincente. Guardandolo ci si sente un pò all’interno di una #rotatoria
ADRIANO PAOLUCCI (REVIVRE MILANO): una presenza/assenza del sestetto Milano, che però lascia un’orma ben definita quando gli tocca solcare le sabbie mobili del rettangolo di gioco. Schierato in trincea solo per qualche punto in ciascun set, il soldato in appello risponde positivamente, con un servizio efficace nel primo set ed una difesa da vero professionista ad una mano laterale destra nel secondo. È chiaro, si tratta di un messaggio deciso per il morale discendente globale: #divietodisosta